Recensione di Di che cosa è fatta la speranza. La parola speranza sembra fuori luogo quando si parla di malati incurabili. Non era così per Cicely Saunders, una donna che ha lasciato il segno nella storia della medicina palliativa, convinta che anche quando non c’è più la prospettiva di guarire resta il diritto di essere curati e non essere lasciati soli.
Questo libro è ispirato alla sua figura ma non è esattamente la sua biografia, l’autore lo mette in chiaro subito e leggendo il testo se ne apprezza la scelta. Per raccontare un monumento dell’assistenza (l’Oms considera ancora valide le procedure che lei aveva messo a punto negli anni Sessanta) è necessario prendersi qualche licenza funzionale alla narrazione, soprattutto quando si parla di una personalità non comune.

Una donna non comune

Cicely, la vera Cicely, era tutto tranne che comune a partire dall’aspetto. Alta, un po’ goffa, con piedi enormi e non esattamente una bellezza, nel 1943 si faceva notare con il velo  e la divisa azzurra delle allieve infermiere della Nightingale Training School for Nurses di Londra. Una scelta insolita per una ragazza benestante (il padre era un famoso costruttore) che a 26 anni avrebbe dovuto pensare solo a trovare un buon marito.
Ma Cicely  fa sempre di testa sua e mostra subito un talento straordinario nell’assistenza, ne è colpita anche la terribile Mrs Gaitlin, che dirige la scuola  con pugno di ferro (“se non fosse cristiana potrebbe pensare che è la reincarnazione di Florence Nightingale”).

Feriti di guerra

Nelle corsie dell’ospedale da campo del Lincolnshire dove finivano i feriti della Raf l’allieva Saunders capisce subito che “i malati sentono anche se non parli. Dagli occhi, dalle mani, dai respiri”. E non riesce ad accettare che ci si limitasse a spostare i più gravi nelle corsie isolate, essenzialmente per non sentirne i lamenti.  “Il problema è che i dottori considerano i morenti già morti, quindi non li curano”: una logica contro la quale Saunders si batterà tutta la vita, convinta che per chi sta per morire ci voglia un luogo specializzato, “un ospedale caldo come una casa” dove andarsene con la minore sofferenza possibile e con dignità. E’ la sua missione.

Una missione

Assistente sociale, volontaria, infermiera e poi medico (si laurea a quasi quarant’anni, convinta che nessuno avrebbe dato retta a una semplice infermiera…) Cicely riuscirà ad aprire il primo hospice a Londra negli anni Sessanta dove “occuparsi dei malati, non della malattia” insieme all’energica suor Teresa che la sosterrà sempre nella sua lunga battaglia. “La speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere”.

Oltre la recensione di Di che cosa è fatta la speranza. Altri titoli in qualche modo “connessi”
Il secondo piano, Ritanna Armeni
Le ultime levatrici dell’Est End, Jennifer Worth
I sopravviventi, Girolamo Grammatico

Titolo Di cosa è fatta la speranza -Il romanzo di Cicely Saunders, che si è presa cura degli incurabili
autore Emmanuel Exitu
editore Bompiani
anno di uscita 2023