Quando ne ha voglia, quando ha un problema, quando vuole aiutare qualcuno. A quel punto Leone giunge le manine, si mette in ginocchio e prega. Lo fa al supermercato, a casa, persino al cinema. A lui, che ha sei anni e a parte questa “abitudine” è un bambino come tutti gli altri, sembra una cosa normale. A sua madre no.

Per Katia, giovane mamma separata sempre alla rincorsa dei soldi e del tempo, questa cosa che non sa spiegarsi è un problema. Uno scandalo. E infatti nel quartiere,­ un brutto quartiere di periferia come ce ne sono in ogni città, ­ la voce circola in un attimo e il “bambino che prega” diventa presto lo zimbello dei coetanei (che comunque non esitano a chiedere un aiutino quando c’è aria di compito in classe).

Ma Leone non smette. Il suo “vizio” manda in crisi sua madre, che chiede aiuto anche alle amiche e all’ex marito che la invitano ad accontentarsi della spiegazione più superficiale: sono stranezze da bambini, prima o poi smetterà.

Ma questo gesto così antico (e così desueto) un piccolo miracolo lo ha già ottenuto: costringere Katia a riflettere, sulla sua vita, sul rapporto con il figlio. Così scopre che è stata sua madre a insegnargli le preghiere (e il dolce rituale della preparazione del presepe), e per Leone la preghiera è il filo che ancora lo unisce alla nonna che non c’è più.

E poi lei, che non crede, deve ammettere che le cose che chiede Leone prima o poi si avverano, è un caso certo, però…

Alla fine un evento imprevisto (e dalla forte valenza simbolica) sarà la chiave per unire le persone in un unico desiderio. E dimostra come credere (non importa in che cosa, vale anche per i laici) produca cambiamenti, se non altro nelle relazioni tra le persone.

Un romanzo delicato e sorprendente, dove il tono magico diventa strumento per parlare della realtà. Come nelle favole.

 

Leone, Paola Mastrocola, Einaudi, 2018, pagine 232