titolo Oh William!
autore Elizabeth Strout
traduzione Susanna Basso
editore Einaudi
anno di uscita 2021, pagine 180
Isbn 9788806250034
La recensione
Lucy Barton, che abbiamo conosciuto in Mi chiamo Lucy Barton, è una scrittrice affermata, ha avuto due figlie e una storia sentimentale complicata. Il suo secondo amatissimo marito, il violoncellista David Abramson, è morto da poco ma è del primo marito che ora vuole parlarci. William, più grande di lei di qualche anno, l’ha conosciuto al college e con lui ha avuto due figlie ora adulte. Quell’uomo brillante, solido, ha aiutato Lucy “che veniva dal nulla” a trovare la su strada, ma quell’uomo che le ha sempre trasmesso un senso di sicurezza le ha anche tolto molto. Ombroso e soprattutto infedele ha costellato il loro matrimonio di tradimenti. Ora il passato è (o sembra) lontano, hanno mantenuto un buon rapporto, entrambi si sono risposati e hanno chiuso per motivi diversi i loro matrimoni (la giovane attrice Estelle, che William ha sposato lo ha lasciato, di David abbiamo già detto).
Radici
Un giorno William chiede a Lucy di accompagnarlo nel Maine: per caso ha scoperto che la madre, la bizzarra Catherine Cole ormai scomparsa, aveva avuto una figlia prima di lui, che era stata data in adozione. La notizia, sconvolgente, lo manda in crisi. Insieme si mettono in strada verso il paese del Maine dove dovrebbe vivere la sorellastra, Lois. Il viaggio è naturalmente un viaggio interiore nel loro rapporto e l’esclamazione “Oh William” rappresenta un misto affettuoso tra l’esasperazione verso le varie inadempienze dell’ex marito e la tenerezza verso la sua fragilità.
Quel viaggio serve anche a Lucy per riflettere sul suo passato, chilometro dopo chilometri riaffiorano i dettagli sulla famiglia anaffettiva, la povertà e il senso di esclusione.
«quando ero piccola, se io o mio fratello o mia sorella dicevamo una bugia, e persino se non era così ma i nostri genitori si convincevano che avevamo detto una bugia, ci veniva lavata la bocca con il sapone» (pag. 47).
L’infanzia di Lucy è un tunnel di violenze e miserie ma con qualche sprazzo di luce, come il ricordo dell’insegnante che la sostiene e mentre l’accompagna al college si ferma in un grande magazzino per comprarle dei vestiti.
Conquiste
Nel lungo viaggio con William Lucy riflette sulla strada che ha fatto per arrivare a essere quella che è, mentre la sorella e il fratello non sono riusciti a emergere dalla miseria esistenziale in cui erano nati. E ancora una volta si rivolge al lettore: “quando succede che una persona scelga davvero qualcosa? Dimmelo tu”.
Una consapevolezza che la porta e essere indulgente con gli altri e finalmente anche con se stessa. Perché alla fine una cosa è sicura: “siamo tutti un mistero, ecco cosa voglio dire”.
Elizabeth Strout è al solito empatica e sembra quasi uscire dalla pagina per rivolgersi al lettore. Un esempio? Quando scrive (a pag. 5): «Tutte le mattine William si sveglia nel suo appartamento spazioso su Riverside Drive. Riesci a vederlo? Scosta il piumone blu…».
La frase:«Ma chi può mai sapere che cosa ha passato un altro?» (pag 74)
Gli altri romanzi del ciclo Lucy Barton:
Mi chiamo Lucy Barton
Tutto è possibile
Lucy davanti al mare
Altri romanzi di formazione e riscatto sociale:
Demon Copperhead, Barbara Kingsolver
L’educazione, Tara Westover
Il mare dove non si tocca