Quando si parla di spiritualità il pensiero corre subito all’aldilà, alla contemplazione, al sacro. Ma guardando solo verso il cielo, piuttosto che verso la terra, si rischia di escludere la parte più concreta della nostra esistenza. C’è qualcosa di più <terreno > del modo in cui veniamo al mondo, conduciamo la nostra vita fino alla sua naturale conclusione? E conosciamo forse altri ambiti in cui la spiritualità si faccia sentire, nel bene e nel male, in tutta la sua importanza? Ma è soprattutto nel prendersi cura degli altri che questa dimensione acquista valore, e allo stesso tempo innesca pericolosi equivoci. Un rischio che corrono i professionisti dell’assistenza – sanitari, religiosi e persino i volontari che prestano la loro opera nelle corsie degli ospedali – che possono trovarsi a esprimere la vicinanza a un malato con <parole vuote oppure con silenzi pieni>. Chi sceglie liberamente di occuparsi degli altri non può prescindere dalla dimensione spirituale, a meno che si voglia ridurre la terapia alla <riparazione degli organi> e un ospedale a una macchina per guarire i corpi. La pandemia che stiamo vivendo ha ribaltato molte sicurezze, ci ha costretto a vedere come potenziali luoghi di pericolo i posti dove prima ci si sentiva più al sicuro e a tenere lontano le persone che si sentono più vicine, ma ci ha fatto anche capire che senza umanità non ci può essere buona medicina. In questo saggio Sandro Spinsanti, che è anche docente di etica medica, affronta in collaborazione con Dagmar Rinnenburger temi complessi come la malattia e il fine vita, la religione e l’ecologia. In punta di piedi, ma con lo sguardo puntato verso l’alto.

 

Sulla Terra in punta di piedi, Sandro Spinsanti, Il Pensiero Scientifico, pagine 306, 2021

(Da Corriere Salute del 18 marzo 2021)