titolo Apeirogon
autore Colum McCann
traduzione Marinella Magrì
editore Feltrinelli
prima edizione 2020
pagine 520
Isbn 9788807896576
La recensione
Apeirogon in geometria è un poligono con un numero infinito di lati. Una struttura virtuale che si adatta bene alla rappresentazione del mondo, perché anche la realtà può essere vista da un numero infinito di angolazioni. Un teorema che vale soprattutto per situazioni complesse, come quelle che si possono osservare in Medio Oriente.
Caos
I fatti non accadono seguendo una sequenza logica, di conseguenza non c’è un filo da seguire per rievocare gli avvenimenti. Per tentare di comprenderli e spiegarli si può solo rimettere insieme i frammenti. L’unica strategia per comporre il puzzle è abituarsi a guardare le tessere da ogni lato e cercare un incastro anche tra quelle che sembrano più distanti.
E Colum McCann adatta la sua prosa alla complessità di quello che succede in quest’angolo infuocato di mondo. La forma è già “il racconto”. Nei 1001 capitoli, numerati nella prima parte in senso crescente e nella seconda al contrario, che compongono questo originale romanzo ogni “stanza” è un frammento di realtà. Non c’è ordine cronologico né collegamento logico. Sta a chi scrive, e a chi legge, elaborare le informazioni per dargli forma.
I fatti
Due padri si trovano a vivere a distanza di anni lo stesso lutto, la morte di un figlio in un attentato. Bassam Aramin, il padre di Abir è palestinese mentre Rami Elhanan, padre di Smadar è israeliano. Nel 2007 Abir viene colpita da un proiettile di gomma. Aveva 10 anni. Smadar ne aveva 13 quando è rimasta vittima di un kamikaze. Era il 1997.
Due tragedie insensate e speculari nei quali i due uomini riescono a vedere lo stesso dolore. Una consapevolezza che permette di superare le differenze e farli diventare amici. I due padri si incontrano attraverso l’associazione Parents Circle Family Forum, che raccoglie i parenti di vittime di terrorismo. Raccontando la loro storia rimettono ordine in un frammento di mondo.
Cerchi concentrici
McCann prende la realtà dei fatti, la frantuma e come un dio dispettoso la getta tra le pagine alla rinfusa. Il lettore deve farsi largo tra digressioni ornitologiche, informazioni pratiche, dettagli degli attentati, sogni, strade polverose e persino l’ultimo pasto crudele e gourmet del presidente francese Mitterand (era goloso di ortolani, minuscoli uccellini la cui caccia è vietata). Come in un gorgo si inabissano passato e presente, azioni e pensieri. Una vertigine.
La lettura è faticosa, il romanzo densissimo e arriva in profondità. Come una scheggia, come la polvere delle strade di Cisgiordania, come i proiettili impazziti. Pagina dopo pagina tornano in superficie frammenti di epoche diverse, confuse, spezzate. Come negli scavi archeologici bisogna scavare per capire.
La storia è vera, ma raccontata come fiction.
Colum McCann è uno scrittore irlandese che vive in America, uno sguardo distante rispetto ai luoghi di cui parla. Il romanzo non è piaciuto né in Israele né in Cisgiordania.
La frase: “non finirà finché non parliamo” (pag. 173)
Pensiero laterale
Altri romanzi dove si parla di conflitti e attentati
Io sono del mio amato, Annick Emdin
Dove si nasconde il lupo, Ayelet Gundar-Goshen