Del cervello si cominciano a sapere molte cose. Con le risonanze magnetiche si arriva a sbirciarne le attività mentre con le parole ci si spinge negli angoli più segreti. Le malattie “dei nervi” – come si diceva una volta – sono curate con sempre maggiore successo, purtroppo ancora non tutte, e quando serve il bisturi del chirurgo si posa sulla materia grigia come su altri organi. Eppure c’è qualcosa che ancora sfugge a neurologi, psichiatri, psicoanalisti. Il “grande enigma” delle neuroscienze contemporanee è la coscienza. Come la mente non si vede e non si tocca, eppure esiste.  Un rompicapo per scienziati e filosofi. Se è abbastanza condiviso il fatto che “noi siamo la nostra coscienza” le opinioni si dividono subito quando si prova a immaginare dove possa risiedere (nella corteccia cerebrale? nel tronco encefalico?) e soprattutto quando si affronta il rebus della sua natura. In una visione materialistica (assai diffusa tra i neuroscienziati) la mente è generata in qualche modo dal cervello, ma cambiando punto di vista è inevitabile chiedersi come (e perché) qualcosa di non fisico possa avere tanto potere sul corpo biologico. Mark Solms, che è neurologo e psicoanalista, alla “fonte nascosta dei nostri affetti” ha dedicato la carriera e con questo saggio propone una visione originale e soprattutto supportata da metodo scientifico. Non è una lettura facile per lettori comuni – se anche gli esperti lo definiscono il “problema difficile”…-, eppure seguire il percorso dei ricercatori dagli albori della neurologia e della psicoanalisi fino ai dubbi contemporanei (è possibile creare artificialmente la coscienza?) rappresenta un viaggio affascinante nei misteri della nostra mente.

La fonte nascosta, Mark Solms, Adelphi Biblioteca scientifica, pagine 505