L'uomo che voleva essere colpevole, Henrik Stangerup, IperboreaColtivare un bonsai richiede pazienza e una certa dose di violenza. Bisogna tagliare regolarmente le radici in modo che l’albero cresca in formato ridotto, così da poterlo sistemare in salotto. Non è certo un caso se la competizione tra inquilini per il bonsai più bello sia uno dei riti della domenica tra i caseggiati di Copenaghen, incoraggiata da uno Stato che tutto vede e controlla.

Futuro

Siamo in Danimarca in un anno imprecisato di un futuro prossimo in cui il modello di una società che si prende cura di ogni cittadino “dalla culla alla tomba” è diventato realtà. La felicità è obbligatoria e solo i numeri accumulati sulla tessera di Mamma e papà possono accordare il diritto di essere genitori. Una sera in un appartamento come tanti una lite coniugale finisce in tragedia. Torben uccide la moglie Edith. Non si parla però di omicidio: l’evento è un incidente o al massimo un caso di disadattamento sociale quindi l’assassino viene affidato agli psichiatri per poi restituirlo alla “vita” di prima. Ma Torben rivendica il proprio ruolo di assassino e pretende di essere giudicato e punito per il delitto che ha commesso. E si scontra  con lo psichiatra che cerca di convincerlo che non è colpevole (in fondo è uno scrittore, un “professionista della fantasia”) e con il sistema che ha cancellato la responsabilità individuale e tollera una violenza “addomesticata”.

L’uomo nuovo

Come il coltivatore di bonsai taglia le radici dell’albero per realizzare una miniatura, lo stato “modella” l’Uomo Nuovo liberandolo dall’etica e dalla morale per adattarlo a una gabbia di conformismo. Ma si può dire libera una società che cancella il senso di responsabilità (e quindi di colpa) costringendo il singolo a un ruolo di pedina?
Il romanzo di Henrik Stangerup, appena ripubblicato da Iperborea è uscito la prima volta in Danimarca nel 1973 e certo è pura fiction, lo scrittore danese immagina un contesto estremo e irreale, eppure fa pensare a certe derive di de-responsabilizzazione contemporanee. Che effetti può avere sull’individuo e sulla società banalizzare o tollerare i comportamenti violenti? E cancellare con il concetto di bene e male anche quello di punizione? Potrebbe rispondere il filosofo Soren Kierkegaard, che su questi temi ha fermato il suo pensiero e che per lo scrittore danese è stato fonte di ispirazione.

 

 

Titolo L’uomo che voleva essere colpevole
autore Henrik Stangerup
traduzione  Anna Cambieri
editore Iperborea
anno di uscita 1973 (2023), pagine 192, euro 17

Oltre la recensione di L’uomo che voleva essere colpevole. Altri titoli in qualche modo “connessi”
Il bar senza nome, Robert Seethaler
L’arcipelago del cane, Philippe Claudel
 Metodi per sopravvivere, Guðrún Eva Mínervudóttir