Si entra nella trama come in un banco di nebbia sulla statale: all’improvviso ci si trova immersi nella storia e non c’è nient’altro intorno. Lo scienziato-scrittore con il suo protagonista, Gianni Schuft, si addentra nelle rovine della Mittleuropa e in quel che resta del miracolo economico del Nordest. E incontra tanta solitudine. Come fa intuire la citazione in esergo del romanziere praghese Urzidil, da cui viene il titolo. Il professor Barbujani  (insegna genetica all’università di Ferrara) mette da parte il Dna e racconta con originalità e ritmo la vicenda umana di un affascinante e vanitoso cinquantenne padovano, che ne parla non dal suo raffinato negozio di antiquariato ma da dietro le sbarre. Perché sia finito lì, a passare le giornate lavorando nella pasticceria del carcere e “facendo le righe” nei corridoi, naturalmente non lo riveliamo per non rovinare la lettura, ma non è neanche la cosa più importante. Quello che il protagonista, Schuft, mette in chiaro subito è che a un certo punto quel meccanismo ben oliato che era la sua (comoda) vita di provincia ha smesso di funzionare. Come lui stesso dice alla psicologa del carcere, e quindi ai lettori, la colpa – o il merito – è di un incontro, quello con la bella e misteriosa Ilirjana. Sembrerebbe la solita storia del benestante di mezza età che si innamora di una ragazza giovane e ribalta la sua vita (l’Iriliana, come la chiama sempre lui, infatti ha vent’anni di meno), e in parte lo è. Perché la forza distruttiva della sua presenza pervade la vita di Gianni Schuft, rassegnato all’evidenza che “in queste storie non ci si va a cacciare, queste storie accadono e non abbiamo scelta”. Ma la traccia sentimentale non è l’unica chiave di lettura del romanzo (che è fiction, ma trae ispirazione da una vicenda vera). Il problema è che Schuft a un certo punto si lascia convincere dai suoi collaboratori ad allargare verso est il giro d’affari e la ricerca di pezzi antichi per il negozio. Per condurre le trattative in Slovenia serve un’interprete, e L’Iriljana, giovane musicista serba che deve arrotondare per mantenersi, sembra la persona giusta. Ma presto entrano in gioco la camorra (sì, anche nel Nordest), le ambizioni e i lati oscuri dei suoi collaboratori e a quel punto la vicenda procede come una partitura musicale: dall’adagio iniziale in cui l’antiquario mette in discussione tutte le sue certezze (la moglie, le amanti e l’abitudine a “lasciar andare le cose”), si arriva all’andante precipitante (la bella Ilirjana quando si rende conto che non è l’uomo adatto lo scarica e scompare nel nulla) e al finale. Per niente scontato.

Tutto il resto è provvisorio, Guido Barbujani, Bompiani  2018

L’intervista